venerdì 7 novembre 2008

La congettura di Poincarè

Dal Wiki degli studenti di Matematica

Una volta, circa un secolo fa, è venuta fuori questa congettura, la pongo sotto forma di domanda:

Sarà vero che le varietà, se compatte, semplicemente connesse, senza bordo, sono sfere?

La domanda è dal punto di vista dei topologi, cioè si considerano "uguali" due spazi omeomorfi. Per la dimensione 2 la cosa è piuttosto chiara, visto che le varietà sono classificate tutte quante, in base al genere (la cosa risale proprio a Poincarè). Per le dimensioni grandi, si usano fatti topologici, e la risposta è sempre sì, con un procedimento simile per tutte le dimensioni.. ma non so come si fa.

Perciò la gente dopo un po' ha iniziato a concentrarsi sul caso delle varietà 3-dimensionali.

A questo punto (o anche prima, appena letta la domanda) uno pensa di fare un controesempio, ma non ci si riesce.. o si costruisce una cosa col bordo (la "palla chiusa" di R^3), o non compatta (la "palla aperta", o S^2 x R), insomma quasi quasi uno inizia a pensare che la risposta sia "sì" anche in dimensione 3. Poincarè anche lui lo pensava, ma non voleva approfondire la cosa, essendo secondo lui troppo profonda come domanda. Dopo un po' è apparso Gregori Perelman, che ha pubblicato due preprint: li potete consultare in rete, accessibili gratuitamente.

http://arxiv.org/abs/math.DG/0211159 http://arxiv.org/abs/math.DG/0303109

Dopo un po' qualcuno si dev'essere convinto che fossero giusti, infatti hanno proposto a Perelman un premio di un milione di dollari e la medaglia Fields, ma lui ha rifiutato..beh questa però è un'altra storia.

Il lavoro di Perelman

In realtà Perelman nel suo secondo articolo ha dimostrato (almeno reso chiaro che seguendo la sua strategia si dimostra) la congettura di Thurston, che più o meno classifica (il "più o meno" viene dal fatto che "classificare" è un concetto un po' vago) tutte le varietà compatte di dimensione 3 (nel senso che dà delle strutture canoniche da metterci sopra). L'enunciato è spiegato abbastanza chiaramente qui:

http://mathworld.wolfram.com/ThurstonsGeometrizationConjecture.html

Ora passiamo alla tecnica di Perelman. Lui, copiando un po' Hamilton, ha pensato bene di usare il fatto che su tutte le varietà c'è una struttura metrica (fatto classico, non è qui la parte brillante della dim.)... poi se si fa evolvere questa metrica in modo inversamente proporzionale alla curvatura, si ottiene che le parti a curvatura positiva diventano meno curve, e le parti a curvatura negativa anche loro tendono a diventare meno curve (la curvatura si avvicina a zero). Quindi uno penserebbe che al limite si ottiene una cosa a curvatura costante... tipo la sfera!

Fin qui tutto bene, più che altro perché l'idea è così vaga che non si riescono nemmeno a trovare le difficoltà. Il primo articolo di Perelman studia l'equazione che sembra la più naturale, \frac{d}{dt} g_{ij}=-R_{ij}, cioè la metrica che varia nel "tempo" proporzionalmente al tensore di Ricci, e (primo fatto chiave) lo vede come flusso gradiente di un funzionale. Scrive cioè un funzionale (sull'insieme delle metriche, sulla mia varietà), tale che, se mi dirigo sempre dalla parte opposta al suo gradiente, con velocità data dal gradiente, allora sto dseguando il flusso di Ricci.

Nascono così delle orbite periodiche, cioè metriche che evolvono in modo periodico: le hanno chiamate Solitoni. Poi usando queste soluzioni come modello, si inizia a capire meglio l'equazione, che un po' somiglia a una dissipazione della curvatura, come se (la curvatura) fosse del calore, o un gas..

E si iniziano a capire i fenomeni che succedono quando la funzione (la metrica della varietà) diventa infinito: le Singolarità. Può quindi darsi che in certi punti della varietà ci siano pezzetti tali che se li lascio evolvere, allora loro diventano "lunghissimi" (la metrica scoppia). Perelman fa vedere che questi punti sono ben discosti l'uno dall'altro, e ce ne sono pochi (non si addensano in spazio e tempo, se non in modi che si sanno trattare).

L'altro fatto chiaro a tutti, è che normalmente queste singolarità avvengono, e si costruiscono anche facilmente! (vedere il libro di Peter Topping "Lecture notes on the Ricci Flow", sul suo sito, con tanto di disegni! fra l'altro é un libro fighissimo, che contiene tutto quello che uno vorrebbe sapere per iniziare.. http://www.warwick.ac.uk/~maseq/topping_RF_mar06.pdf ). Dunque, se voglio dimostrare che tutte le varietà evolvono nella sfera, non posso certo iniziare col dire "supponiamo la mia varietà sia del tipo buono".. il fatto è che le varietà evolvono facendosi crescere colli di bottiglia infiniti, o sfere che si schiacciano diventando sempre più piccole.. quindi all'equilibrio (dopo che il tutto evolve per tempo infinito) non c'è una sola cosa canonica a cui si arriva.

Ora spunta una nuova idea, che sta nel primo, ma soprattutto nel secondo articolo di Perelman: tagliare la varietà vicino a dove si sta per formare la singolarità, far evolvere la parte "buona", fino a che si capisce per bene la sua topologia (e nvece congelando il tempo nei pezzettini "problematici", per evitare singolarità), e poi riincollare. C'è quindi una discussione del modo in cui la nuova varietà (con le curvature fatte per benino, tranne vicino a qualche punto) viene fuori alla fine, che non conosco però troppo.

Altre idee interessanti che vengono fuori, si hanno guardando i solitoni, cioè le soluzioni dell'equazione del flusso di ricci tali che la metrica a tutti i tempi mi dia una varietà diffeomorfa a quella iniziale: in pratica la metrica non fa niente di cattivo alle topologie. Un modo per ottenere delle metriche di questo tipo su Rn (dove l'equazione del flusso di Ricci diventa quella del calore) è prendere la tipica gaussiana, che si appiattisce sempre di più. Nel caso delle varietà, si possono anche trovare metriche che "contengono come ingredienti" dei gradienti funzioni, e grosso modo corrispondono a guardare una soluzione "canonica" mentre ci si sposta lungo questo gradiente. Ora, in modo del tutto sorprendente, Perelman interpreta le funzioni sulla varietà come le "particelle di un gas", cioè nell'ambito della meccanica statistica: in tal modo il ruolo della "temperatura" verrà giocato dalla "t", il parametro lungo il quale la varietà evolve, e, scrivendo quello che i fisici chiamano "distribuzione di Maxwell-Boltzman", si ha l'analogo del concetto di entropia (cioè di una quantità che decresce lungo il flusso), che in questo caso viene ad essere l'idea chiave per la creazione del funzionale "decisivo" di Perelman.

Un'altra idea, che viene fuori dall'uso della meccanica statistica, è quella di immergere il nostro sistema statistico in un "termostato" cioè considerarlo all'interno di un sistema più grande, la cui temperatura ed entropia non variano. Tutto il flusso di calore nel nostro sistema iniziale si traduce qui in scambio di calore con il resto del termostato (l'ambiente). Siccome nell'analogia di Perelman "temperatura"viene tradotto da "tempo lungo il quale la metrica evolve", "termostato" verrà tradotto da "varietà più grande", in particolare caratterizzata dal contenere "il grafico" dell'evoluzione spaziotemporale precedente. Cioè il tempo è un parametro nella varietà più grande (che quindi avrà anche dimensione più grande). Inoltre, come un "termostato" è per definizione "all'equilibrio con l'esterno", così la varietà ausiliaria di Perelman è a curvatura di Ricci nulla. Dal considerare le implicazioni di questo fatto, nasce una particolare "distanza spaziotemporale" per la nostra "varietà spaziotemporale" (ottenuta considerando come coordinata anche il tempo), simile alla distanza data dalla metrica di Minkowski in Relatività, tranne per il fatto di dipendere in modo nonlineare (dipendente dalla curvatura spaziale) dalla componente temporale. Questo strumento tecnico è molto utile per descrivere il comportamento del flusso di Ricci all'avvicinarsi delle singolarità, e per descrivere le condizioni che garantiscono che le singolarità siano "poche, e ben trattabili" (con riscalamenti parabolici).

Per il futuro

C'è anche la possibilità che ci sia un legame piuttosto profondo fra Relatività Generale (i lavori di S. Hawking, ovvio*!) e Flusso di Ricci, ma sembra non esserci nessuno abbastanza addentro in entrambe le cose. Lo stesso anche per l'ovvio* legame con la Teoria delle Stringhe, in cui l'entropia vista da Perelman nel senso della Meccanica Statistica potrebbe, dicono, essere vista come l'energia di una certa particella (..col segno meno: e quindi di nuovo sarebbe ovvio* il fatto che sia una quantità crescente), e usando questo legame, si potrebbero reinterpretare tutti i fatti di una delle teorie in funzione dell'altra.

Note

* non so per chi, ma ovvio!

Domanda

Perche' rifare una canzone cambiando stile, magari con strumentio diversi, e' normale, e invece le poesie si fanno imparare a memoria, e nessuno pensa mai di cambiarle per farle suonare meglio? ...sembra che l'idea di fondo sia quasi che ogni poesia e' perfetta: ma come si fa a dire che a quello che l'ha scritta non e' per caso sfuggito qualche modo di esprimersi al meglio, che magari a qualcun altro sarebbe subito venuto in mente?

venerdì 29 giugno 2007

problema di geometria

Chiamiamo S_k il k-scheletro di un n-simplesso in R^n.

Sia P un m-piano di R^n, che potremo supporre passante per l'origine.

Sia f_P : S_m ---> P la proiezione ortogonale. Trovare

inf {[(f_P)^(-1)(C_i)]: P è un m-piano, C_i componente connessa di f_P(S_m)\f_P(S_(m-1))},

dove [.] indica il numero di componenti connesse.

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Hint: partire dal caso m=2, e trasformare il problema in un problema equivalente sui poligoni di R^2. Generalizzare.


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ecco ci sono cascato! ho iniziato a postare problemi di matematica!

lunedì 28 maggio 2007

l'idea di metafora ed un certo suo tipo di estensione

Alcuni paragrafi sono più comprensibili da un pubblico matematico, o che ama la matematica. Li indico con un asterisco.

Le argomentazioni fornite sono provviste di numerosi buchi, e sono facili da confutare. Questo perchè non voglio passare il mio tempo a scrivere e a riflettere sul modo migliore di dire le cose che penso, bensì ad esplicitarle e basta.

I)
In cosa sta la bellezza di una metafora? ..è chiaro che la verità sarebbe "non ne ho idea".. non per questo è quello che dirò qui (e la filosofia che sta dietro a questo modo di procedere verrà esplicitata magari in un post successivo).. quello che dirò sarà invece che la sua bellezza sta nelle connessioni inaspettate fra argomenti diversi. L'uomo è fatto per cercare parallelismi, e più questi si prolungano, più l'osservatore si esalta, e la sua mente entra in frizzante euforia.

II)
D'altro canto la scrittura è un modo lineare di esprimere il linguaggio, e allo stesso modo anche l'attenzione di un individuo si focalizza di norma su un solo evento alla volta. Da questo nasce la difficoltà di fare delle belle metafore, e la loro a volte necessaria cortezza.
In poesia spesso ci si rifugia nella impressività delle parole/immagini usate per sopperire a questo: il lettore viene colpito e non capendo cosa gli succede si sofferma, e torna sulle parole che legge o sente, e in questo modo prolunga le due corte metà della metafora nel tempo, rendendo così più forte il parallelismo.. a volte la cosa è tanto sottile che sembra avvenire qualcosa di magico, molto più di un parallelismo.

III)
Un altro di questi "sotterfugi" usati per superare il lato lineare della communicazione è quello di non esplicitare uno dei lati della metafora. "E come si può capire il tutto?" chiederete voi.. beh è molto semplice: ci si basa sul fatto che l'altro lato è insito nel lettore. E' qui la bellezza di alcuni testi specifici, rivolti a un particolare pubblico, o a un pubblico con un determinato bagagli culturale.
Per esempio molti comici sembrano addirittura geniali, e mettono in fermento la nostra mente dicendo certe cose che entrano in correlazone con fatti che noi già sappiamo: nel farlo ci guidano, facendoci aderire con la nostra coscienza al calco delle loro battute, e più questo incollamento è preciso ed esteso, più ci esaltano le loro battute.

IV*)
Uno dei miei tipi di "metafora" preferiti è quello di tipo matematico: spesso una certa formula in una branca della matematica fa scoprire tutto un altro senso per un'altra branca della matematica: per esempio l'idea del gruppo fondamentale di una varietà, o quella di grafo di Cayley associato a un gruppo iperbolico (o in generale la maggior parte della teoria dei gruppi iperbolci ° la Gromov), i teoremi dell'indice, la struttura geometrica di Otto sullo spazio delle misure di probabilità con la metrica di Wasserstein, il parallelismo fra ideali e numeri razionali; ogni tentativo di nascondere la bellezza di questi parallelismi formalizzandoli suona come una blasfemia, anche se spesso è utile.
Da dove sorge questo tipo di metafora?

V*)
Il fatto è che la matematica contiene il prototipo di ogni metafora, e in un certo senso ne coglie l'essenza: nessun discorso matematico è mai più che una succesione di frasi sconnesse per un non esperto, o per un esperto che non vuole capirlo. Quello che l'estetica matematica comune cerca, è cogliere l'armonia delle cose, e creare cose che completino le armonie già esistenti.
In questo senso, la matematica generalizza l'idea di metafora, e la espande cercando di allontanare il più possibile i fatti contingenti insiti nella metafora letteraria.

VI)
E il prezzo che la matematica paga per questa sua ricerca di purezza ed astrazione è il fatto di rendersi incomprensibile, o al massimo comprensibile solo dopo attenti studi e dopo aver accettato un linguaggio del tutto innaturale e privo di riferimenti al mondo in cui, volendolo o no, si è costretti a vivere. Il matematico paga la sua ricerca di armonia e di esaltazione intellettuale con l'alienazione.

VII*)
La soluzione c'è, ed è contenuta nei punti V e III, anche se molto difficile (forse impossibile?) da raggiungere, tranne che sotto ipotesi molto particolari.
Non è una soluzione giusta cerare di esplicitare la matematica e di "svelarla al popolino" come molti professano di voler fare: infatti "il popolino" non è stupido, e non serve far finta che lo sia, nemmeno per un buon fine; inoltre svelare i meccanismi matematici "con la forza", anche se tale violenza è nascosta dietro un'iplicazione (se non capisci la matematica non capirai nemo la bellezza), è controproducente, e ha l'unico risultato di annullare l'immediatezza delle "metafore matematiche", e cioè uno dei loro punti chiave.

VIII)
La soluzione è usare il lato subconscio e la cultura già acquisita dall'individuo a cui ci si rivolge, ricchissima di smboli e correlazioni pronti ad essere "utilizzati", e unirli secondo una logica "di tipo matematico"; questo senza che l'interlocutore lo sappia, anzi, senza dargliene il minimo indizio.
Si tratterebbe insomma di tradurre l'armonia matematica in "simboli del mondo di tutti i giorni", un po come lo si fa (fermandosi però troppo prima del limite del possibile) in alcune pubblicità: bisogna chiaramente conoscere a fondo i meccanismi del subconscio dell'osservatore, e anche i modi di creare armonia nel senso matematico; bisogna studiare a fondo il modo in cui si può creare tale armonia, allo stesso modo in cui si cercano le connessioni fra fatti matematici diversi. In questo senso è quasi impossibile da attuare.
Tuttavia potrebbe giocare un ruolo importante il fatto di limitarsi a poche persone, la cui mente offre più "spunti di metafora": con queste "ipotesi ristrette" si potrebbe forse giungere abbastanza vicini ad una estensione più "naturale" della metafora matematica.

venerdì 25 maggio 2007

una traduzione: "tills dagen gryr", Mythotyn

non trovandola su internet, la posto. Siccome non so troppo svedese, potrebbe essere sbagliaticcia, ma è sempre un inizio... si tratta di una canzone dei
Mythotyn,
album "In The Sign Of The Ravens":

Tills Dagen Gryr

Runt kring vår stuga småjävlar sluga,
tassa så tyst med bockfet och svans.
Varulvar yla isande kyla,
sveper i dimma fantygets dans.

Bäva och broder lyssna och hör,
vrålen från gast som osalig dör.
Döden han skrattar flaskan han fatter,
svänger med den tills dagen gryr.


Gastar och spoken skymtas i kröken,
dodingar släpar ruttnande lik.
Benrangel skramla spökhänder famla,
kväver din strupes rosslande skrik.

Helvetets alla fasor slåpps loss,
fan rider runt med hela sin tross.
Döden han skrattar flaskan han fattar
svänger med den tills dagen gryr.


Ecco la mia traduzione (in inglese, lingua più vicina e quindi più consona a tradurlo alla lettera)

Around our house goes the little evil devil
moves like the wolf so silent with goat legs and tail.
The werewolves howl, icily frost
sweeps the eerie dance of the fog.

Shiver and brother, listen and hear
the roar of the ghost like an [osaldig] dead
The dead laughs [flaskan han fatter]
and swings with it until the day's dawn.

The ghosts and the spirits dwell in circles
the dead drag the decaying corpse.
Skeletons rattle ghosthands grope
they strangle your throat's rattling cry.

All the Hell's horrors are released
devils ride around with all their wares.
The dead laughs [flaskan han fatter]
and swings with it until the day's dawn.


SE NOTATE ERRORI O AVETE SUGERIMENTI DITELMELO, MI FARESTE UN GRANDE SERVIZIO
IF YOU NOTICE ERRORS OR HAVE SUGGESTIONS, PLEASE TELL ME, YOU'D MAKE ME A BIG FAVOUR.

sabato 20 gennaio 2007

la mente quantistica

Forse il titolo è esagerato, e somiglia un po troppo ai titoli delle riviste idiote tipo focus e simili, lo ammetto. Ma ora vi spiego cosa significa.

Il tutto nasce dalle solite cose che si dicono della mente umana: è complessa e contraddittoria.. se non lo fosse allora nessuno riterrebbe interessante una poesia del tipo "Odi et amo" di Catullo, e molti cantanti e scrittori sarebbero morti di fame (poverini). Ma d'altra parte noi siamo sempre covinti che la nostra coscienza in realtà non cambia, e cioè, nonostante spesso una stessa persona esprima giudizi contraddittori, questo spesso non ci infastidisce, e siamo abituati comunque a continuare a ritenere che abbia "una sola coscienza". E questo era il primo ingrediente.

L'altra cosa che sto studiando un po di più adesso, è la meccanica quantistica (MQ). In pratica l'idea di fondo (banalizzando un po) è che a differenza della cosiddetta "meccanica classica", o "fisica classica", la MQ tiene conto del fatto che quando si effettua una misura su un "sistema fisico", lo si perturba, cambiando il suo "stato". Volendo dare una descrizione più astratta della faccenda, uno scopre che supporre questa perturbabilità dei sistemi fisici equivale a supporre che l'operazione "faccio la misura A" a volte non commuta con "fare la misura B". Il solito esempio è il seguente: se misuro la velocità di una particella e poi misuro la sua posizione, non è detto che ottanga la stessa cosa che se prima misuro la posizione e poi la velocità. Equesto era il secondo ingrediente.

Ora vi posso finalmente spiegare il titolo di questo post.
Quello che mi era venuto in mente è che i pensieri umani sono come gli stati di un sistema quantistico, ed essi sono osservabili (dagli altri come da sè stessi) attraverso descrizioni (a parole, o fatte attraverso immagini, o attraverso poesie, ecc ecc... poco importa il modo).
La mia ipotesi è che si possano modellizzare le descrizioni della mente (o forse solo quelle dei singoli pensieri) come degli operatori nel senso della MQ. Ciò sarebbe bellissimo, soprattutto a causa della seguente conseguenza.
Se riteniamo i nostri pensieri essere degli stati quantistici, e assumiamo che i vari "operatori di descrizione" non commutino, allora potremmo così giustificare e unificare la nostra coscienza, fatta di pensieri contraddittori, a di cui siamo comunque convinti. Il fatto che scatenerebbe le contraddizioni sarebbe in tal caso proprio il diverso ordine in cui ci soffermiamo sui nostri pensieri, il quale non è quindi, come intuitivamente potrebbe sembrare, del tutto ininfluente sui singoli pensieri, ma li "perturba" in senso quantistico (cioè li manda nei loro autostati, nel lessico più tipico della MQ).

Probabilmente il fatto soprastante potrebbe suonare meno incredibile tenendo conto del modo in cui funziona il cervello: i pensieri derivano dalla (non meglio definita) attivazione di certi circuiti neuronali; quando delle configurazioni neuronali precise si attivano in modo abbastanza marcato (contrapposto all'attivazione casuale tipo "rumore bianco"), i loro recettori per i neurotrasmettitori tendono a ricnfigurarsi, rafforzando quelle configurazioni (con un fenomeno che è ritenuto essere la base della memoria); quindi, se prima descriviamo (e ci concentriamo su) un pensiero in particolare, e, dopo averlo descritto, ci rivolgiamo ad un altro, potrebbe anche darsi che, dato che la configurazione del nostro cervello si è nel frattempo modificata, non la pensiamo più esattamente allo stesso modo di prima, nemmeno sul secondo argomento, sul quale quindi la nostra posizione si è (inconsciamente) modificata.