Forse il titolo è esagerato, e somiglia un po troppo ai titoli delle riviste idiote tipo focus e simili, lo ammetto. Ma ora vi spiego cosa significa.
Il tutto nasce dalle solite cose che si dicono della mente umana: è complessa e contraddittoria.. se non lo fosse allora nessuno riterrebbe interessante una poesia del tipo "Odi et amo" di Catullo, e molti cantanti e scrittori sarebbero morti di fame (poverini). Ma d'altra parte noi siamo sempre covinti che la nostra coscienza in realtà non cambia, e cioè, nonostante spesso una stessa persona esprima giudizi contraddittori, questo spesso non ci infastidisce, e siamo abituati comunque a continuare a ritenere che abbia "una sola coscienza". E questo era il primo ingrediente.
L'altra cosa che sto studiando un po di più adesso, è la meccanica quantistica (MQ). In pratica l'idea di fondo (banalizzando un po) è che a differenza della cosiddetta "meccanica classica", o "fisica classica", la MQ tiene conto del fatto che quando si effettua una misura su un "sistema fisico", lo si perturba, cambiando il suo "stato". Volendo dare una descrizione più astratta della faccenda, uno scopre che supporre questa perturbabilità dei sistemi fisici equivale a supporre che l'operazione "faccio la misura A" a volte non commuta con "fare la misura B". Il solito esempio è il seguente: se misuro la velocità di una particella e poi misuro la sua posizione, non è detto che ottanga la stessa cosa che se prima misuro la posizione e poi la velocità. Equesto era il secondo ingrediente.
Ora vi posso finalmente spiegare il titolo di questo post.
Quello che mi era venuto in mente è che i pensieri umani sono come gli stati di un sistema quantistico, ed essi sono osservabili (dagli altri come da sè stessi) attraverso descrizioni (a parole, o fatte attraverso immagini, o attraverso poesie, ecc ecc... poco importa il modo).
La mia ipotesi è che si possano modellizzare le descrizioni della mente (o forse solo quelle dei singoli pensieri) come degli operatori nel senso della MQ. Ciò sarebbe bellissimo, soprattutto a causa della seguente conseguenza.
Se riteniamo i nostri pensieri essere degli stati quantistici, e assumiamo che i vari "operatori di descrizione" non commutino, allora potremmo così giustificare e unificare la nostra coscienza, fatta di pensieri contraddittori, a di cui siamo comunque convinti. Il fatto che scatenerebbe le contraddizioni sarebbe in tal caso proprio il diverso ordine in cui ci soffermiamo sui nostri pensieri, il quale non è quindi, come intuitivamente potrebbe sembrare, del tutto ininfluente sui singoli pensieri, ma li "perturba" in senso quantistico (cioè li manda nei loro autostati, nel lessico più tipico della MQ).
Probabilmente il fatto soprastante potrebbe suonare meno incredibile tenendo conto del modo in cui funziona il cervello: i pensieri derivano dalla (non meglio definita) attivazione di certi circuiti neuronali; quando delle configurazioni neuronali precise si attivano in modo abbastanza marcato (contrapposto all'attivazione casuale tipo "rumore bianco"), i loro recettori per i neurotrasmettitori tendono a ricnfigurarsi, rafforzando quelle configurazioni (con un fenomeno che è ritenuto essere la base della memoria); quindi, se prima descriviamo (e ci concentriamo su) un pensiero in particolare, e, dopo averlo descritto, ci rivolgiamo ad un altro, potrebbe anche darsi che, dato che la configurazione del nostro cervello si è nel frattempo modificata, non la pensiamo più esattamente allo stesso modo di prima, nemmeno sul secondo argomento, sul quale quindi la nostra posizione si è (inconsciamente) modificata.
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13 anni fa